top of page
Cerca
Immagine del redattoresinistraitalianage

IMMIGRAZIONE: SERVE UN PIANO STRUTTURALE NAZIONALE



La gestione dell’immigrazione e dell’accoglienza è un tema complesso e le idee e le proposte sono molteplici.

Lo Stato deve offrire una visione capace di difendere i diritti di chi migra per poter migliorare la propria vita e al contempo garantire il rispetto delle regole e dei diritti delle comunità ospitanti.

Affrontare il problema scegliendo solo una delle due parti, significa solo continuare a costringere i cittadini a schierarsi, a partecipare ad una lotta che non sarà mai risolutiva, ma anzi peggiorativa.

Assistiamo invece in questi giorni ad una sempre più scellerata e disumana gestione dell’immigrazione a livello nazionale e locale. Per chi arriva in Italia solo con i vestiti indosso e le sofferenze ancora fresche il destino sono i Centri di Permanenza e Rimpatri. A Genova sono previste due nuove sistemazioni, le tende a Voltri e i container a Rivarolo.

Per questo motivo la nostra proposta politica prevede che:

- La circolazione delle persone deve essere regolamentata attraverso dei check point obbligatori per i migranti che vogliono stabilirsi nel nostro Paese. (molti sono solo di transito verso altri Paesi europei in cui si trovano parenti ed amici)

- Si potrebbe prevedere un permesso di soggiorno provvisorio (entro 3-6 mesi rispetto alla domanda di arrivo) per avere l’opportunità di trovare un lavoro

- Prevedere l’obbligo di frequenza dei CPIA per l’apprendimento della lingua italiana;

- Prevedere la possibilità di inserimento in percorsi di stage-volontariato a favore dei territori in cambio di vitto e alloggio agevolato.

- Prevedere inserimento di nuclei familiari di migranti in piccoli comuni/ zone rurali soggette a spopolamento e ad abbandono delle attività agricole .


A questo proposito vogliamo ringraziare Mirko Anzalone , Pedagogista, Educatore, Docente per il suo prezioso contributo

Sinistra Italiana Genova


BASTA PROPAGANDA SUI MIGRANTI! di Mirko Anzalone

Ancora una volta ci troviamo circondati dalla “crisi dei migranti”, e ancora una volta, ci troviamo in mezzo ad una strumentalizzazione comunicativa, tragico segnale di una preoccupante incompetenza politica, nonché di una evidente mancanza di sensibilità nei confronti dei cittadini italiani e stranieri: una narrazione spesso fasulla, sempre incompleta, che perdura da oltre un decennio.

Lo stato di “crisi” si definì dopo il 2012, con la guerra libica, poiché la portata di quel conflitto ha aperto una profonda frattura geo-politica che ancora oggi grava sulle popolazioni africane ed, indirettamente, anche sui cittadini europei.

Quando si parla di “migranti”, in realtà si sta parlando di “PROFUGHI”, ovvero “RICHIEDENTI ASILO”. Questa è una categoria ben specifica e definita rispetto al popolo migratorio che circola per il mondo intero, e proprio questa sua specificità continua a creare i problemi che oggi vive tanto chi accoglie, quanto ancor di più i profughi che fanno rotta verso l’Europa.

Nei rapporti annuali sulla protezione internazionale (ANCI) o i Piani Nazionali promossi dal Ministero degli Interni, vedremo delinearsi grandi propositi che mai hanno trovato un’effettiva implementazione concreta (basti pensare che già secondo il Piano del 2012 era previsto un HUB e un CPR per ogni regione). Grandi parole e intenti, ma nessun vero intervento politico-legislativo ha mai aggredito la questione con serietà, almeno negli ultimi 10 anni. I report delle grandi associazioni che operano sul campo (Medu, OMS, UNHCR, ecc.) sono sotto gli occhi di tutti, ma continuano ad esserci sempre troppi morti via mare, e troppi via terra; restano operativi i centri di detenzione (“centri dell’orrore”) grazie anche ai fondi e sovvenzioni che l’Europa (e anche l’Italia) garantisce da anni a Paesi come la Turchia, la Libia, il Niger o la Tunisia, affinché frenino nel sangue questi esodi, e magari nel contempo proteggano determinati interessi commerciali.

In questo contesto, appare quanto mai paradossale e scoraggiante la soluzione che oggi viene sbandierata dal nostro governo: aumentare i CPR, ovvero i Centri di Permanenza per i Rimpatri. Chiariamo subito di cosa si sta parlando. I CPR sono Centri giudicati da diversi enti internazionali e nazionali “irregolari” e “incostituzionali”, luoghi di detenzione dove vengono dislocati in condizione di fermo, persone straniere che per diverse ragioni, devono essere rimpatriate. Quasi tutti i migranti che arrivano con “i barconi” possono essere rinchiusi nei CPR? Assolutamente NO. Le persone che dovrebbero essere mandate in questi centri sono persone per cui è stato avviato un procedimento di espulsione. Dovrebbero restare massimo 30gg nel centro (prorogabile fino ad altri 120gg), in attesa che le istituzioni siano pronte a gestire il trasferimento nel loro Paese di origine.

Se alle controversie sulla costituzionalità di questi Centri, in cui vengono private della propria libertà persone, senza che un giudice o un magistrato il più delle volte si sia mai espresso a riguardo, uniamo il livello di performance dimostrata in questi anni (in 10 anni, su 186mila ordini di espulsione, ne sono stati espletati circa 44mila), possiamo valutare con semplicità l’incongruente qualità della proposta promossa dall’attuale governo. Inoltre, le persone che vediamo arrivare in Italia dal Mediterraneo (senza dimenticare la via balcanica), giungono nel nostro Paese chiedendo Asilo Politico. La procedura reale, non teorica, che segue il percorso di riconoscimento del diritto di asilo, impiega mediamente dai 2 ai 6 anni per potersi concludere, grazie alle scarsissime risorse messe a disposizione da tutti i governi, passati e presenti, nel settore dell’accoglienza, lato istituzionale. Questo significa, che, a meno non vi siano evidenze di pericolo, o segnalazioni precedenti di denunce o istanze di allontanamento, coloro che arrivano chiedendo Asilo, NON possono essere trasferiti nei CPR, ma devono proseguire il loro iter all’interno del congestionato e poco regolamentato mondo dell’accoglienza straordinaria, i CAS.

Nemmeno l’impennata post-guerra libica (2012) delle richieste di asilo spinse i nostri governi ad affrontare questa problematica in modo strutturale negli anni a seguire, e oggi, sull’impulso di un’ondata migratoria che sarà sempre imprevedibile, ma ciclicamente costante, continuiamo a trovarci drammaticamente impreparati.

Il risultato? Molti enti e cooperative, a volte perfino coperti da alcuni enti locali e istituzionali (Comuni e Prefetture), ospitano in condizioni inaccettabili adulti, famiglie e minori non accompagnati; i trafficanti continuano a gestire il loro business senza intralci, anzi, spesso giovando indirettamente dei fondi stanziati dall’Europa e dal nostro Paese; i piccoli Comuni e le grandi città vedono aumentare la delinquenza, poiché senza guida e cura, molti profughi si trovano fagocitati (molto più spesso di quello che si pensi, per disperazione e mancanza di alternativa) dalla malavita organizzata.

La questione “migranti”, che riflette in realtà il problema scaturito dall’ingolfamento del sistema legato alla richiesta di asilo, può essere solamente affrontata politicamente, attraverso l’implementazione di un nuovo disegno di legge serio e competente, affiancato da una transizione autentica rispetto ad un Piano Nazionale condiviso con le Regioni, i Comuni, le Prefetture e gli enti del Terzo Settore.

Continuano a farci credere che il mancato aiuto dell’Europa sia il fulcro del problema. Può l’Europa risolvere questa questione? Certo, e senza dubbio sarebbe la scelta migliore condividere un piano continentale per rispetto verso gli stati membri, per la vita delle persone che compiono queste migrazioni e per la tutela dei cittadini europei, ma l’Italia può fare molto più di quello che vogliono farci credere.

Superando la Bossi-Fini (una delle cause principali di questa crisi), utilizzando le risorse economiche convogliate attualmente per finanziare i trafficanti o i Paesi con i quali dovremmo creare ponti umanitari virtuosi, all’interno del nostro Paese, e soprattutto predisponendo un percorso chiaro e definito per chi vuole semplicemente migrare in Italia per lavoro, la “crisi” cesserebbe rapidamente. Inoltre, facendo crollare il numero di richieste di Asilo, a favore di una diversa circolazione (sempre controllata e monitorata ovviamente) dei migranti all’interno del nostro Paese, in qualche modo potremmo bypassare indirettamente lo scudo europeo che rappresenta la Convenzione di Dublino.

Tradotto in termini socio-economici, l’impennata delle richieste di Asilo ha portato lo Stato italiano a dover stanziare ingenti fondi aggiuntivi a favore dell’accoglienza, per un servizio costantemente in emergenza, in cui ci si trova a veder collocare persone in centri non sempre virtuosi, senza badare ai percorsi integrativi. Così si è creato il problema: una condizione di emergenza costante (i CAS dovevano essere smantellati o rimpiazzati dal servizio ordinario ex. SPRAR, poi SAI-SIPROIMI, già dieci anni fa, mentre ancora oggi rappresenta oltre l’80% dell’accoglienza) che porta la qualità dei servizi al ribasso; una grande spesa per lo Stato; profughi a cui viene strappato via un percorso virtuoso di integrazione e molte comunità in difficoltà a gestire il fenomeno.

Le migrazioni possono essere una preziosa risorsa, offrire grandi opportunità di crescita per i Paesi che ospitano la diversità, ma resta fondamentale garantire che queste movimentazioni possano avvenire su di un terreno legale, inclusivo e rispettoso per tutte le parti in causa. Non dobbiamo cadere nella truffa proposta dalla narrazione contemporanea: “ con gli italiani o con i migranti”.

Dobbiamo comprendere che il fenomeno delle migrazioni non è arginabile. Siamo stati migranti noi, e probabilmente lo saremo di nuovo un giorno. Non possiamo prevedere i flussi migratori di un mondo così complesso e veloce, ma possiamo e vogliamo credere in un’accoglienza solidale, rispettosa delle diversità e della sofferenza delle persone che chiedono di poter avere una chance per una vita migliore; possiamo e vogliamo credere ad uno Stato che offra gli strumenti giusti affinché queste persone possano inserirsi nei territori in modo civile e legale; possiamo e vogliamo credere che il rispetto verso l’altro deve poter essere diritto e dovere di tutti noi cittadini del mondo.


A cura di: Mirko Anzalone – Pedagogista, Educatore, Docente

35 visualizzazioni0 commenti

Post recenti

Mostra tutti

Comments


bottom of page